La depressione ovvero l’espressione dell’impotenza: curarla con la psicoterapia breve strategica
La rinuncia è un suicidio quotidiano
Honorè de Balzac
La depressione è uno dei problemi psicologici più diffusi e destinati ad aumentare nel tempo tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto che nel giro di pochi anni sarà la seconda causa di invalidità per malattia dopo le malattie cardiovascolari.
Si esprime attraverso l’alterazione del tono dell’umore con sintomi quali: tristezza, insonnia, mancanza di appetito, sensazione di solitudine, apatia e conseguente riduzione fino all’azzeramento dei rapporti sociali.
La persona depressa è quella che ha messo in atto un tentativo drastico di soluzione dei suoi problemi: la rinuncia. Rinuncia ad affrontarli, a tentare di risolverli, convinta che ormai non ci sia più nulla da fare. Spesso infatti i depressi sono individui che hanno lottato a lungo contro un problema psicologico invalidante o una difficoltà relazionale o di coppia ma che a un certo punto sono giunti al capolinea, hanno perso le speranze. Per questo motivo è molto frequente che la richiesta di aiuto specialistico provenga da un familiare preoccupato per la situazione e incapace di cambiarla nonostante reiterati tentativi di scuotere il depresso dal torpore.
Proprio questi tentativi di soluzione fatti a fin di bene, molto spesso fanno sprofondare ancora di più il depresso nell’abisso dell’apatia. Frasi come <<così ti stai rovinando la vita >> oppure <<sappi che la vita è bella e degna di essere vissuta>> non verranno mai accettate perché proprio quella vita che tutti dicono che è bella ha profondamente deluso il depresso fino a determinare un’inevitabile resa. L’immagine di sé è quella di una vittima del destino, della sfortuna, della vita, che subisce tutto ciò in modo impotente.
La gente, tranne quegli sventurati che ci sono passati in prima persona, non ha la più vaga idea di cosa sia la depressione. E sembra fare di tutto, quando incappi in questa stronza di malattia, per farti sentire più solo e disperato. Ti fissano, ti concedono una smorfia, e poi ti invitano a reagire, a darti una mossa, a non pensarci. E tu ti senti come uno inchiodato al letto con il bacino fratturato che riceve in continuazione inviti per andare a giocare a pallone. (Salvo Toscano)
Un’altra modalità tipicamente riscontrabile è la delega: poiché i depressi si sentono vittime incapaci di stare al mondo ed affrontarlo in modo efficace, pensano sia giusto che gli altri si occupino di tutto, delegando loro anche tutto ciò che è connesso alla loro salute fisica e psichica.
Un intervento psicoterapeutico efficace deve quindi prendere in considerazione tutti gli aspetti che compongono questo delicato e complesso problema molto invalidante ed emotivamente forte per l’individuo e per la famiglia in cui è inserito. Vissuti di paura e disperazione vengono raccontati dai congiunti del familiare depresso i quali vedono sprofondare il loro amato o la loro amata nelle sabbie mobili della rinuncia senza riuscire a salvarli.
La psicoterapia breve strategica modello Giorgio Nardone ha elaborato un protocollo per la cura di questo genere di disturbi che agisce anche sulle tentate soluzioni dei familiari. Questi, animati dalle migliori intenzioni e usando il buon senso confermano attraverso il loro sostegno la drammaticità della situazione: ascoltano le continue lamentele piene di vittimismo e consolano invano l’afflitto mostrandogli gli aspetti positivi della vita.
L’intervento deve tirare fuori la persona dalle sabbie mobili facendo sentire, attraverso raffinate tecniche suggestive, che “la rinuncia è un suicidio quotidiano” e che proprio questo arrendersi per incapacità conferma lo stato depressivo. Sarà poi necessario aiutare e sostenere tutto il processo di lenta e cauta ricostruzione delle attività che permetteranno di sostituire la rinuncia con l’azione.
Bibliografia:
A.Muriana, L.Pettenò, T.Verbitz ,(2006), I Volti della depressione, Ponte alle Grazie
S.Toscano, Una famiglia diabolica, (2017), Newton Compton
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