Pazienza e gentilezza: due doti per vivere meglio il tempo del coronavirus
Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.
(Tommaso Moro)
Quello che ci troviamo a vivere è un periodo unico, imprevisto e imprevedibile degno di alcuni film di fantascienza hollywoodiani tipo virus letale o io sono leggenda che quando li guardi non puoi che pensare che siano esagerati.
Eppure la vita continua ad insegnarci che nulla è impossibile e che i nostri reiterati tentativi di controllo per far sì che gli eventi seguano la direzione da noi auspicata funzionano solo nella nostra illusione. Ed ecco che compare la pandemia da coronavirus a mostrarci come tutto ciò che pensavamo fosse infallibile, insostituibile e ineludibile diventa, per cause di forza maggiore, di secondaria importanza giustificando quella frase più volte sentita ma poche volte ascoltata per cui prima di tutto è importante la salute. La salute che si dà per scontata quando c’è, diventa priorità numero uno quando è in pericolo.
E allora, alla luce di ciò, ci troviamo costretti a tutelare la nostra e altrui salute attraverso l’isolamento, unica modalità attuabile quando il nemico è talmente forte e invisibile da vincere senza aver bisogno di combattere. In attesa di trovare armi efficaci contro questo virus che al momento sembra invulnerabile, vediamo schierati in trincea dei valorosi soldati che ne limitano e ne contengono l’avanzata permettendo a noi altri nelle retrovie di nasconderci nelle nostre abitazioni (rifugio e non prigione) all’interno delle quali però si delinea un’altra lotta, quella contro il cambiamento delle nostre abitudini e contro la compagnia più difficile da tollerare: noi stessi.
Anestetizzati dal lavoro, dai mille impegni, dalle mille ossessioni per riuscire a superarsi e a superare, dalla mania del controllo degli imprevisti e delle défaillance, dai vari slogan che ci incitano a non vedere limiti se non nella nostra mente, tutt’a un tratto ci troviamo a dovere rallentare, a evitare di fare, a trascorrere giornate in casa dove le attività consuete non sono attuabili o lo sono in modo diverso, mentre la primavera sembra un richiamo per tutte le specie viventi tranne che per quella umana.
Come fare ad attraversare nel miglior modo possibile questa situazione in apparenza surreale ma tanto reale invece?
Ci sono due livelli come accennato prima: la permanenza forzata all’interno delle abitazioni rifugio unita alla convivenza con coloro i quali dividono con noi lo stesso tetto e la convivenza forzata con noi stessi che non conosce svaghi adesso che le mille distrazioni si sono ridotte.
Aspettare ardentemente che questo periodo finisca rischia di imprimere un ritmo stonato perché la parola d’ordine in questo momento è pazienza, termine che si accompagna ad altri come rallentare, assaporare, gustare, dare attenzione. Cercare di bypassare il presente per proiettarsi nel futuro prossimo in cui tutto sarà finito rischia di aumentare l’angoscia che si prova osservando la forza del nostro nemico come ribadiscono i telegiornali con i quotidiani bollettini che riportano il numero delle vittime, angoscia che si manifesta come una condanna, come un senso di oppressione che ci butta giù.
Gustare e programmare tutte le attività che questo tempo lento ci permette di svolgere e che non avevamo mai svolto prima per mancanza di tempo o di occasioni anche solo per progettarle, rappresenta un esercizio di pazienza, un atto di amore verso noi stessi utile per dare qualità alle nostre giornate e riequilibrare ritmi che torneranno a essere caotici.
La pazienza rende piacevole la nostra stessa compagnia, ci fa tollerare i nostri difetti e quelli degli altri. Insieme alla gentilezza diventa un’arma infallibile per evitare conflitti in un momento in cui la paura e l’angoscia attanagliano tutti e vanno accolte, canalizzate e gestite.
Avere tempo ci impone di dare priorità ai rapporti umani e al miglioramento del rapporto con noi stessi attraverso piccoli passi compiuti tramite l’uso di queste semplici ma complesse doti per troppo tempo non utilizzate.
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