Mangiare e vomitare: da comportamento compensatorio a vero e proprio disturbo
Erroneamente identificata con la bulimia, caratterizzata esclusivamente dall’ingestione esagerata di cibo, la sindrome da vomiting consiste nella deliberata ricerca dell’abbuffata per attivare la sequenza che consiste nel mangiare per poi vomitare. Ai suoi esordi questo comportamento viene messo in atto per compensare eccessi alimentari che rappresentano vere e proprie perdite di controllo per esempio nell’anoressia, ma con la reiterazione di questa abitudine si struttura in breve tempo un nuovo disturbo con caratteristiche singolari molto pericoloso per la salute. Se l’anoressia è riscontrabile per lo più nelle giovani e giovanissime, la pratica del vomiting è presente anche in donne adulte che rivelano di convivere da molti anni con questo segreto.
Come tutti i disturbi del comportamento alimentare la sindrome da vomiting porta all’isolamento sociale di chi ne è affetto. La messa in atto della sequenza consistente in una fase appetitiva cui segue una abbuffata sfrenata e una fase di scarica rappresenta un rituale da compiere segretamente e in modo compulsivo, motivo per cui questa pratica viene paragonata all’incontro con l’amante segreto.
La vomitatrice (ci rivolgeremo al femminile a chi è affetto da questo disturbo solo perché statisticamente il sesso femminile ne è più colpito) rinuncia ai contatti sociali perché lo svolgimento del rituale, spesso anche più volte al giorno, diviene prioritario, irrinunciabile pur provocando gravi danni. Poiché col passare del tempo provocarsi il vomito diventa sempre più difficile, si assiste alla messa in atto di pratiche insolite, spesso assai creative come ingerire grandi quantità di acqua o di altro liquido per favorire l’espulsione del cibo, oppure l’uso di oggetti che stimolino il vomito stesso.
Nel trattamento di questo tipo di problematica la psicoterapia breve strategica si configura come best practice con un’efficacia pari all’83% dei casi. Il focus del trattamento consiste nel trasformare il rituale da fonte di piacere in tortura attraverso la tecnica dell’intervallo che consiste nel fare in modo che la vomitatrice aumenti il tempo che intercorre tra l’abbuffata e la successiva fase di scarico. La sequenza infatti è piacevole solo e soltanto se viene eseguita nella modalità preferita dalla vomitatrice, aumentando l’intervallo tra le fasi si trasformerà inevitabilmente in qualcosa di spiacevole.
Per riuscire a raggiungere questo obiettivo, poiché le vomitatrici sono molto resistenti al cambiamento nonostante i gravi danni alla salute che la loro pratica comporta, è molto importante che il terapeuta faccia ricorso a una comunicazione persuasoria capace di far sentire piuttosto che capire. In altre parole, utilizzare il canale delle emozioni piuttosto che quello cognitivo permette di stabilire una maggiore alleanza terapeutica necessaria per il superamento di questa grave patologia.
BIBLIOGRAFIA:
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